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sabato 26 dicembre 2015

#AppuntisemiseridiPaleontologia 2: Graptoliti e i limiti dell'intelletto...

I graptoliti (nell’immagine foto di fossile del genere Monograptus – Geinitz – Siluriano Medio, fonte internet), simpatico gruppo di organismi, vissuti tra il Cambriano medio e il Carbonifero inferiore (grosso modo tra 525 e 330 milioni di anni),  sono un gruppo fossile piuttosto importante soprattutto nel riconoscimento delle successioni rocciose del Cambriano medio, Ordoviciano e Siluriano e piuttosto enigmatici, poiché non hanno discendenti attuali, ne vi sono organismi similari. Ricordo che quando li studiai all’Università mi lasciarono al quanto perplesso, e la domanda ricorrente che mi ponevo era:ma come xei fatti sti bogia de Graptoliti…
I Graptoliti compaiono sulla Terra, quando la vita si svolgeva totalmente in mare, la terra emersa era un postaccio, atmosfera da ascelle sudate, sole a picco, manco uno straccio d’ombra, esalazioni varie, vulcanismo a go go, insomma non certo una meta turistica attraente, molto meglio i mari, che cominciano a popolarsi anche di organismi poco rassicuranti, ma dove per lo meno non ti prendevi la “soana”, i Graptoliti assistono nel corso della loro evoluzione, inconsapevoli, allo “sbarco” sulle terre emerse, di organismi vegetali prima, artropodi poi. Ma veniamo a una loro descrizione, sono organismi unicellulari marini (traevano sostentamento dai nutrienti  in sospensione) coloniali, (tipo Stomochorda – sottotipo Graptolithina, sono divisi in almeno 5 ordini), con guscio chitinico (la chitina è la stessa sostanza dell’esoscheletro degli insetti per capirci), ogni individuo viveva in un piccolo alloggiamento (detto teca), disposto in un'unica fila o doppia lungo collegate da uno stolone (filamento) proteico, originando così il “ramo” (propriamente dettorabdosoma) della colonia. Le colonie potevano essere molto ramificate, solitamente i rabdosomi si attaccavano a corpi galleggianti, così che la colonia fluttuando, se ne poteva andare a spasso nei mari del Paleozoico inferiore… di cui presto vi presenterò qualche abitante decisamente poco raccomandabile. Questi in sintesi i Graptoliti… di cui ancor oggi mi chiedo: ma come xei fatti sti bogia….

sabato 12 dicembre 2015

#AppuntisemiseridiPaleontologia 1: Pygope tra ontogenesi e erotismo

Inizia oggi una serie di interventi, a fine ludico didattico, a tema Paleontologico, per conoscere gruppi tassonomici e aspetti evoluzionistici. I fossili  hanno enorme importanza nella comprensione del funzionamento della vita sulla Terra e non  sono semplici oggetti di un vuoto collezionismo, o un lezioso passatempo. Ognuno di essi di racconta qualcosa, sulla storia della vita e, a volte, anche della nostra personale, uno mi è particolarmente  simpatico, perché è legato ad un aneddoto dei miei anni universitari, che farà, forse, ancora sorridere i miei compagni di allora presenti al fatto. Il fossile è un brachiopode (invertebrati con guscio a due valve, che vivono fissati sul fondo marino con un peduncolo carnoso che gli esce da un foro sul guscio, sulla Terra, con alterne fortune,  dal Cambriano - 590 mln di anni fa - tutt'ora esistenti), del genere Pygope (nella foto Pygope janitor, fonte internet - presente sulla Terra a cavallo tra il Giurassico superiore e il Cretaceo inferiore - a spanne tra i 150 e i 120 mln di anni fa). Questo genere di brachipode ha un curioso foro nel mezzo del guscio. Ed è un'esempio classico della legge di ricapitolazione di Haeckel del 1866, la cosiddetta ontogenesi (la crescita dell'individuo, non la nascita degli onti...) che ricapitola la filogenesei (l'evoluzione delle specie), studiando infatti fossili coevi di Pygope, che rappresentavano individui in diverse fasi di crescita, si è visto come questi ricalcassero il percorso evolutivo del genere, che aveva visto il progressivo accentuarsi della bipartizione del guscio e successiva richiusura con formazione di foro centrale (altro esempio di tale legge lo abbiamo se osserviamo gli stadi di sviluppo dell'embrione umano). Ecco questo è Pygope, in soldoni, il fatto simpatico cui è legato, avvenne il giorno in cui il nostro professore di Paleontologia all'Università, uomo che non si potrebbe definire molto affabile (almeno con gli studenti...), tentò simpaticamente d'introdurre la presentazione di questo fossile... ci chiese di non scandalizzarci di fronte ad esso, per via della forma che a suo dire n'evocava in maniera troppo immediata e evidente un'altra, assai procace, ma sopratutto peccaminosa, ci disse sottovoce, che esso raffigurava il fondoschiena (usò un termine più esplicito, ma per rispetto dell'istituzione edulcoro le parole) di una prostituta nigeriana. Qualcuno tentò il sorriso, ma in più d'uno ci chiedemmo: ma che frequentazioni ha quest'uomo.... e sopratutto, ma perché proprio di nigeriana (il perché fosse di prostituta ci era, invece, abbastanza ovvio...)?

venerdì 20 novembre 2015

WE WANT YOU!


il Reggipoggio cerca collaboratori! 
Hai la passione per la scrittura? Ti piace approfondire temi ambientali, conoscenza del territorio, Scienze della Terra? Vorresti organizzare momenti divulgativi sulle Geoscienze? Vuoi uno spazio dove poter darti da fare? Il Reggipoggio cerca collaboratori, che vogliano dedicare un po' del loro tempo alla divulgazione e all'approfondimento!

Se sei interessato scrivici su: ilreggipoggio@gmail.com

venerdì 31 luglio 2015

Rapporto sul disseto idrogeologico in Italia

Il Veneto è, come noto, una regione a Geologia complessa e questo fa sì che molteplici siano i rischi derivati dal fenomeno del dissesto idrogeologico, non a caso una delle principali voci di spesa per la Regione è data dai fondi spesi per riparare di volta i volta i danni da frane, alluvioni, etc etc. Questo risulta evidente nel Rapporto di sintesi sul dissesto idrogeologico in Italia, elaborato dall'ISPRA, aggiornato al 2014 e presentato nei primi mesi del 2015. Rapporto che potete trovare sul sito istituzionale dell'ISPRA per avere un quadro più dettagliato. Da esso emerge bene, sopratutto osservando la cartografia, come il rischio frane sia ovviamente tipico della fascia montuosa e collinare del Veneto, mentre il rischio alluvione sia peculiare della bassa pianura. L'intera zona a sud del Po, quindi, tutto il Polesine, è a pericolosità massima (P3), ovverosia esposta a rischi alluvionali da eventi con tempi di ritorno da 20 a 50 anni. La popolazione Veneta esposta al rischio frane è di circa 14.919 abitanti e di ben 440.603 per il rischio alluvioni, ricordiamo che la popolazione complessiva è di poco superiore ai 4 milioni e 900mila abitanti. Per le frane vi è un interessante progetto di  monitoraggio in corso, il progetto IFFI, che consta in una cartografia sempre aggiornata su tale fenomeno, con un inventario costante dello stato delle singole frane, corredato anche di documentazione fotografica. Più complessa è la situazione del rischio idraulico, dove la mappatura è più articolata. Tali rapporti sono disponibili in rete e l'auspicio è che siano patrimonio usato da chi si occupa di riduzione del dissesto del territorio, in modo che gli interventi siano mirati, ma anche di chi si occupa di pianificazione urbana e infrastrutture, affinché non si vada ad aumentare i rischi da dissesto, anziché ridurli.


venerdì 10 luglio 2015

8 luglio 2015. il giorno del Tornado

Tornado 8 luglio 2015 - Riviera del Brenta (VE) - fonte internet
Sembra incredibile quello che è successo nel nostro Veneto  l'8 luglio. Un tornado ha colpito il territorio della Riviera del Brenta, tra i comuni di Mira, Dolo, Pianiga, in provincia di Venezia, con un pesante bilancio. Milioni di euro di danni, case e ville storiche abbattute, centinaia di sfollati, decine di feriti e un morto. Il paesaggio sembra da post bombardamento, case rase al suolo, tralicci dell'alta tensione abbattuti, alberi sradicati, auto scagliate in canale, accartociate. Sono immagini che noi siamo abituati a vedere per zone lontane, negli USA o ai Tropici. Cosa è successo? Un Tornado classe EF4, secondo la  scala di misura delle intensità di questi fenomeni, che si chiama   Enhanced Fujita  e che, tanto per intenderci sulla dimensione del fenomeno in questione, di gradi ne ha 5, ha investito verso le ore 17:00 dell' 8 luglio i territori rivieraschi. Numerosi i  video che hanno documentato l'accaduto e i suoi danni.
La formazione delle trombe d'aria è un fenomeno complesso, non ancora completamente descritto, che in ogni caso è generato dall'incontro di masse d'aria calda, ricca in umidità, in risalita, con masse d'aria fredda secca, durante eventi temporaleschi di una certa intensità, la risalita dell'aria calda spinge via la fredda, generando delle correnti ascensionali, che a loro volta si mettono in rotazione, più grande è la cella temporalesca, più alta è la probabilità di tornado intensi. Il fenomeno è tipico delle pianure dell Mississipi negli USA, dove d'estate la piana è un bacino di aria calda e umida. Ambiente di cui in piccolo la Pianura  Padana ricalca talune carratterititche, non è un caso se fenomeni di tromba d'aria, per lo più a mare, saltuariamente avvengono nella zona del Veneziano, storicamente risultano 3 eventi noti: uno nel 1930, uno nel 1970 e quello del 2015, con forti danni in terraferma. E' disponibile un esaustivo  approfondimento sul sito ARPAV, relativamente all'evento dell'8 luglio.



martedì 7 luglio 2015

Paleontology rules

Mi spiace per il coautore di questo blog, il mio buon amico Andrea, ma purtroppo per lui, anche quest'anno si dovrà sciroppare un sacco di Paleontologia. Volente o no. L'uscita di Jurassic World, remake di Jurassic Park- certo che a Hollywood la fantasia scarseggia ultimamente - fa si che vi sia  un profluvio di discussioni sui dinosauri  e sulla Paleontologia in generale. Certo dobbiamo stare attenti alla trasformazione di quella che è una Scienza, e che Scienza, in un fenomeno da baraccone, trattato con superficialità e sciatteria, il film è solo un film, pieno di, diciamo, "licenze" cinematrografiche, e non va usato come corso breve di Paleontologia dei Vertebrati, può essere spunto per trattare temi scientifici o usato come volano per rilanciare temi paleontologici, ma va visto per quello che è: svago e basta. La Paleontologia è altro. Quest'anno la Paleontologia Italiana conosce due momenti espositivi importanti, che vanno valorizzati per la loro innovatività nel panorama italiano e che  devono essere occasione di dibattito scientifico e riflessione sulla stato di questa disciplina nel nostro paese. Il primo è la mostra in corso a Palazzo Dugnani a Milano - che visiteremo certamente - sullo Spinosaurus . Dinosauro agli onori della cronaca per nuove importanti scoperte sulla sua fisiologia, conseguite anche con l'importante contributo di ricercatori italiani. L'altro è la mostra sul mosasaurus che si terrà in autunno a Bologna in occasione della Settimana delle geoscienze e di cui parleremo prossimamente.Tali eventi espositivi sono occasione per portare in Italia i big della Paleontologia mondiale. E, infatti, in questi giorni, a latere della mostra milanese c'è stata una conferenza di Jack Horner., avente tema le "bardature" dei dinosauri. L'uomo è una "Paleostar", professore all'Università del Montana, fu tra i primi a capire che i dinosauri potevano fornire cure parentali ai propri cuccioli. E' molto personaggio, lui e Bob Bakker, altra star del settore, sono il classico incrocio tra Indiana Jones e James Cook, a loro s'ispirò Crichton per il personaggio del Paleontologo di JP. E prorio Horner è stato anche tra i consulenti di Spielberg per Jurassic Park e, fortunatamente, lo ha fatto specificando che il film è appunto un film per divertire e non un documentario. Per cui - parole testuali - è zeppo d'errori.  Horner è tra i più convinti sostenitori dello stretto legame parentale tra dinosauri e uccelli attuali, per altro ormai assodato, tanto da spingerlo a "ridisegnare" i dinosauri, rendendoli assai più simli agli uccelli nelle movenze, nel colore e nel "piumaggio". E' probabile, secondo Horner - concetto che ha ribato anche a Milano - che i dinosauri apparissero ben diversi da come sino a oggi li abbiamo rappresentati - e da come Hollywood ancora li propina. Ma siamo pronti a un Velociraptor piumato e multicolore che si comporta come un grosso pollo?
Vi lascio con un bel video - in inglese - in cui il professor Horner illustra la sua posizione, da notare lo stile delle conferenze negli USA, diciamo che sono lezioni più accattivanti di quelle tipiche dei nostri atenei - un po' più teatrali. D'altronde quando uno ormai è una Paleostar, se lo può permettere.




domenica 14 giugno 2015

Geologia della Marca

Carta dei Suoli prov. TV - fonte ARPAV.
Presentata il 5 giugno scorso la carta Geomorfologica della Provincia di Treviso, a breve disponibile on-line sul geoportale trevigiano. siamo stati alla presentazione e non possiamo non essere soddisfatti. Va riconosciuto a diverse Province venete, di aver fatto un grande sforzo con i loro uffici di produzione di importante documentazione sulla conoscenza del proprio territorio. La carta Geomorfologica della Provincia di Treviso, unita a quella di Venezia consente di avere un significativo quadro conoscitivo generale, rilevando gli aspetti morfologici, geologici, archeologici e d'interazione antropica. Altro aspetto che ci compiace assai è che questi lavori nascono da una fattiva collaborazione tra enti, operatori economici-finanziari (la Cassamarca nel caso trevigiano) e Università, in questo lavoro ben rappresentata la nostra Patavina, con i Professori Bondesan, Preto, Meneghel (citiamo quelli visti in sala... ce li ricordavamo meno grigi, però) e gli altri che hanno collaborato - segno che se si vuole, l'Univerisità si sa  aprire e sa dare un contributo forte nella produzione di conoscenze e di applicazione delle medesime.
La Carta Geomorfologica della Provincia di Treviso, ha, in primis, un valore culturale, poiché fornisce un quadro di conoscenze organico del territorio e del paesaggio, permette di comprendere il perché di alcune forme e dell'importanza di alcuni siti. Vi è poi il valore, per l'appunto, di tutela ambientale, avere contezza delle peculiarità di taluni siti, è elemento imprescndibile per poterne avere cura e vi è, infine, l'aspetto più rilevante: tale documento deve diventare patrimonio di tutti, dei tecnici, delle istituzioni e dei cittadini. Deve essere strumento di partenza per la pianificazione territoriale, pianificazione che non deve ripere gli errori del passato, ossia urbanizzazioni realizzate senza curarsi delle caratterisitche  dei luogni, pratica che ha portato oggi a confrontarsi con degrado ambientale e georischi. Ecco perché conoscere gli aspetti del proprio territorio è fondamenale, ci auguriamo che vi siano occasioni per divulgare tale carta e che le amministrazioni locali trevigiane si svorzino di approcciarvi, vista anche la chiarezza espositiva del testo, che lo rende accessibile anche ai non geologi. E' ovviamente anche il mondo tecnico - professionale, se se lo studia, male non fa.

venerdì 5 giugno 2015

Non é un paese per Geologi... o forse sì?

Le Geoscienze, in Europa, qualche colpo pare lo battano; é di questi giorni l'uscita on-line di un Opuscolo predisposto dalla Società Geologica Inglese, tradotto in italiano con la collaborazione del Consiglio Nazionale dei Geologi (CNG), che ha lo scopo di ripercorrere i molti campi di pertinenza delle Scienze della Terra e le poliedricità del ruolo dei Geologi. Il pamphalet (spero si scriva così) ricorda quello elaborato qualche tempo fa dalla Società Geologica Italiana - La Geologia per l'Italia - a cui avevo dedicato un mio personale commento. Ovviamente qui le riflessioni sono in chiave Europea. Ritengo particolarmente utile sottolinerare le ultime pagine che esprimono alcuni concetti chiave. Il primo è la difficoltà quotidiana del geologo di dover lavorare su modelli spesso incompleti e  talora incompletabili e su questi fare ipotesi e previsioni, avendo poi la difficoltà di comuncare senza che, invece della complessità del processo previsionale, venga percepito un certo qual senso d'imprecisione o d'incapacità di dare elementi concreti. 
Vi è poi una riflessione sulla necessità di rendere più aderenti i programmi universitari alle esigenze tecniche odierne e dotare di adeguati supporti finanziari la ricerca nei vari campi delle geoscienze. Ecco, qui la domanda sorge spontanea, nel tradurre questa parte, l'esimio CNG, l'arretratezza e la ristrettezza della situazione italiana, in aperto contrasto con quanto esposto nel testo, l'hanno percepita o lo sentita solo io?

sabato 23 maggio 2015

mi dia un etto di mammuth, tagliato fine...

Certo non siamo così romantici e infatuati dal non capire che è un'operazione smaccatamente commerciale, finalizzata a promuovere una catena di supermercati, attirando le famiglie, adescandone i figli con il possente richiamo che, da sempre, i grandi sauri esercitano sui cuccioli d'uomo e contemporaneamente un marchio di giocattoli  dr Steve Hunters a carattere paleontologico, che va detto sono proprio ben fatti ed ad alto contenuto didattico  (non a caso derivano da un'espererienza imprenditoriale che, secondo me, ha trovato una via originalissima per coniugare impresa e studio paleontologico di alto livello); però, non siamo nemmeno così snob da non vedere anche i lati positivi che l'iniziativa di esporre per supermercati una replica di scheletro di Tyrannosaurus Rex a grandezza naturale, indubbiamente, ha. In primis, fa indiretta promozione alle Scienze della Terra, ricordando la magia, il fascino e la complessità che queste hanno, consente di attirare opinione pubblica e di farla familiarizzare con i suoi concetti.
Molti di quelli che sono diventati Paleontologi o Geologi come chi scrive, al di là poi dei campi in cui effettivamente hanno esercitato la professione, lo debbono al richiamo che da bambini esercitarono su di loro le strabilianti faune mesozoiche: per le Geoscienze e la Paleontologia in particolare, i Dinosauri sono un brand fortissimo, tipo Venezia per il turismo. Certo il brand andrebbe sfruttato meglio, visto che, almeno nel caso italiano, questo non avviene e sono altri settori quelli che si giovano della forza mediatica dei dominatori del mesozoico. Le Geoscienze italiane non se la passano bene per molti motivi, l'insipienza della politica certo, la scarsa avvedutezza del mondo economico pure, ma anche la presuntuosa chiusura di tanta parte del mondo accademico, che va ormai per consunzione. Se l'Università non ritrova una feconda sinergia con società, cultura, imprese, tecnica e tecnologia, temo le Scienze della Terra in Italia faranno la fine delle Ammoniti, che oggi son più affare da marmisti.
Il rischio è che fanciulli di oggi, ammaliati dal canto del Dinosauro, domani non trovino da nessuna parte nel bel paese dove poter studiare e apprendere quello staordinario racconto che solo la Paleontologia e le Geoscienze possono narrare.
Per cui oltre a portare i bimbi a queste occasioni, riflettiamo sull'importanza dello studio e tutela dei geositi e del patrimonio paleontologico, sulla valorizzazione della musealità, ma anche su tutti quelli aspetti  quotidiani e tangibili, dove le Scienze della Terra sarebbero indispensabili, per una miglior permanenza dell'Uomo su questo Pianeta.

venerdì 30 gennaio 2015

il Dilemma della Trivella

E' tornata prepotentemente d'attualità (accade con frequenza più o meno triennale...) la questione circa la possibilità di estrarre gli idrocarburi presenti nell'Alto Adriatico. Lungi dal sottoscritto pensare di poter dirimere la questione, vorrei tuttavia dare un contributo informativo  a chi avrà la pazienza di leggerlo. Il tema è assai complesso, come tutti quelli dove economia e ambiente si intrecciano, specie in un paese affamato di energia e di lavoro come il nostro, con un ambiente unico, la cui tutela non è sempre il nostro forte, dove ci sono dinamiche geoambientali e sociali complesse e dove la strategia che guida la direzione di sviluppo del paese non è sempre chiara, nemmeno a chi la dovrebbe avere tale. Mi limiterò a dare qualche spunto di riflessione, cercando di non addentrarmi in voli pindarici che lascio ai ben più numerosi e preparati commentatori ed esperti che popolano il nostro paese.
Piattaforme Adriatica - fonte geograficamente
Lo studio e l'esplorazione delle riserve di idrocarburi in Adriatico parte già dagli anno '60, assieme anche ai primi tentativi di sfruttamento a livello industriale. Già allora tutta una serie di fenomeni, registrati lungo le zone costiere, per lo più di subsidenza, crearono allarme circa possibili correlazioni tra l'attività estrattiva e controindicazioni ambientali. Da aggiungersi il rischio sversamenti e annessi e connessi. Più di recente c'è chi ha voluto anche correlare l'estrazione in mare (e quella in terraferma) con il sisma dell'Emilia Romagna,  Il blog Geograficamente in un lungo post, da ampio riassunto e rassegna del dibattito sul tema. Val la pena si segnalare quanto dice il noto Geologo "televisivo" Mario Tozzi sul tema, il quale tende a escludere molte delle ipotesi di rischio sollevate dal mondo ambientalista contro la ripresa dello sfruttamento delle risorse di idrocarburi in Adriatico, ma riflette sull'opportunità o meno di investire ancora su fonti fossili invece di pensare ad altro.  Il Governo sembra comunque orientato a  muoversi per accaparrarsi tali risorse, non a caso il Decreto "sblocca Italia" e la successiva Legge di stabilità, pur nel rispetto delle prerogative delle Regioni e degli Enti Locali, danno deciso impulso in questa direzione, ponendo vincoli sulle tempistiche decisorie piuttosto stringenti. L'azione di approfondimento circa la valutazione di tali risorse in termini sia di dimensione che valenza economica è ormai da tempo, argomento per il Ministero dello Sviluppo Economico  (MISE) e dell'Ambiente, anche se quest'ultimo (come spesso accade...) è ancora in itinere con le procedure di valutazione ambientale, Il MISE ha compiuto un'attenta valutazione, sopratutto in relazione al fatto che tali risorse sono ambite anche dalla nostra dirimpettaia Croazia
Qui si apre una questione non secondaria. Ammesso e non concesso che l'Italia ritenga anti economico, oppure veda nelle controindicazioni ambientali (quelle RAGIONEVOLMENTE possibili - non tutti gli schiamazzi degli ambientalisti di lotta e di salotto che popolano il paese) un rischio eccessivo e non proceda oltre,  oppure scelga di non farlo per un radicale cambio di strategia politica in cui le fonti fossili - anche quelle, chiamiamole di transizione, tipo il metano - siano out del tutto (con tutte le connesse ripercussioni economiche), non può impedire che la Croazia, affamata di risorse e in crisi economica, invece, decida di attingere alle risorse dell'Adriatico, per i tratti di  propria competenza. Questo porterebbe a diversi "effetti collaterali": 
  • L'Italia perderebbe risorse economiche derivanti dalle concessioni di estrazione, e ovviamente dovrebbe importare idrocarburi;
  • Quasi sicuramente dovrebbe risentire degli effetti negativi che l'attività estrattiva dovrebbe avere (quindi alla veneta: bechi e bastonai)
  • Non sembra che la Croazia ad oggi sia in grado di offrire garanzia circa una sua capacità di controllo e gestione di operazioni così delicate, potremmo, perciò incorrere in soggetti non in grado di osservare protocolli di sicurezza (sai per l'ambiente che per gli addetti) adeguati alla complessità di tale attività, aumentando perciò i rischi anche per i nostri territori.
Oggi viene chiamata in causa l'UE, affinché vieti alla Croazia di procedere oltre, in effetti solo una scelta strategica a livello sovranazionale può dirimere adeguatamente la questione, importante è pero, che siano razionali i processi di decisione. Ad oggi, dunque, le Regioni e gli Enti Locali che si oppongono ai piani del governo sulle perforazioni in Alto Adriatico - onestamente non so per convinzione ponderata o per mero calcolo elettorale e di ossequio agli umori della piazza) dovrebbero chiedere di poter avere dal governo valutazioni chiare sui rischi e sui costi/benefici, alla UE di predisporre tavolo tecnico sul tema, ma dovrebbero anche porsi il problema, qualora fosse consentito sfruttare tali riserve, conviene che a farlo sia chi può garantire standard di controllo ed efficienza elevati o no?