E' tornata prepotentemente d'attualità (accade con frequenza più o meno triennale...) la questione circa la possibilità di estrarre gli idrocarburi presenti nell'Alto Adriatico. Lungi dal sottoscritto pensare di poter dirimere la questione, vorrei tuttavia dare un contributo informativo a chi avrà la pazienza di leggerlo. Il tema è assai complesso, come tutti quelli dove economia e ambiente si intrecciano, specie in un paese affamato di energia e di lavoro come il nostro, con un ambiente unico, la cui tutela non è sempre il nostro forte, dove ci sono dinamiche geoambientali e sociali complesse e dove la strategia che guida la direzione di sviluppo del paese non è sempre chiara, nemmeno a chi la dovrebbe avere tale. Mi limiterò a dare qualche spunto di riflessione, cercando di non addentrarmi in voli pindarici che lascio ai ben più numerosi e preparati commentatori ed esperti che popolano il nostro paese.
Piattaforme Adriatica - fonte geograficamente |
Lo studio e l'esplorazione delle riserve di idrocarburi in Adriatico parte già dagli anno '60, assieme anche ai primi tentativi di sfruttamento a livello industriale. Già allora tutta una serie di fenomeni, registrati lungo le zone costiere, per lo più di subsidenza, crearono allarme circa possibili correlazioni tra l'attività estrattiva e controindicazioni ambientali. Da aggiungersi il rischio sversamenti e annessi e connessi. Più di recente c'è chi ha voluto anche correlare l'estrazione in mare (e quella in terraferma) con il sisma dell'Emilia Romagna, Il blog Geograficamente in un lungo post, da ampio riassunto e rassegna del dibattito sul tema. Val la pena si segnalare quanto dice il noto Geologo "televisivo" Mario Tozzi sul tema, il quale tende a escludere molte delle ipotesi di rischio sollevate dal mondo ambientalista contro la ripresa dello sfruttamento delle risorse di idrocarburi in Adriatico, ma riflette sull'opportunità o meno di investire ancora su fonti fossili invece di pensare ad altro. Il Governo sembra comunque orientato a muoversi per accaparrarsi tali risorse, non a caso il Decreto "sblocca Italia" e la successiva Legge di stabilità, pur nel rispetto delle prerogative delle Regioni e degli Enti Locali, danno deciso impulso in questa direzione, ponendo vincoli sulle tempistiche decisorie piuttosto stringenti. L'azione di approfondimento circa la valutazione di tali risorse in termini sia di dimensione che valenza economica è ormai da tempo, argomento per il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) e dell'Ambiente, anche se quest'ultimo (come spesso accade...) è ancora in itinere con le procedure di valutazione ambientale, Il MISE ha compiuto un'attenta valutazione, sopratutto in relazione al fatto che tali risorse sono ambite anche dalla nostra dirimpettaia Croazia.
Qui si apre una questione non secondaria. Ammesso e non concesso che l'Italia ritenga anti economico, oppure veda nelle controindicazioni ambientali (quelle RAGIONEVOLMENTE possibili - non tutti gli schiamazzi degli ambientalisti di lotta e di salotto che popolano il paese) un rischio eccessivo e non proceda oltre, oppure scelga di non farlo per un radicale cambio di strategia politica in cui le fonti fossili - anche quelle, chiamiamole di transizione, tipo il metano - siano out del tutto (con tutte le connesse ripercussioni economiche), non può impedire che la Croazia, affamata di risorse e in crisi economica, invece, decida di attingere alle risorse dell'Adriatico, per i tratti di propria competenza. Questo porterebbe a diversi "effetti collaterali":
- L'Italia perderebbe risorse economiche derivanti dalle concessioni di estrazione, e ovviamente dovrebbe importare idrocarburi;
- Quasi sicuramente dovrebbe risentire degli effetti negativi che l'attività estrattiva dovrebbe avere (quindi alla veneta: bechi e bastonai)
- Non sembra che la Croazia ad oggi sia in grado di offrire garanzia circa una sua capacità di controllo e gestione di operazioni così delicate, potremmo, perciò incorrere in soggetti non in grado di osservare protocolli di sicurezza (sai per l'ambiente che per gli addetti) adeguati alla complessità di tale attività, aumentando perciò i rischi anche per i nostri territori.
Oggi viene chiamata in causa l'UE, affinché vieti alla Croazia di procedere oltre, in effetti solo una scelta strategica a livello sovranazionale può dirimere adeguatamente la questione, importante è pero, che siano razionali i processi di decisione. Ad oggi, dunque, le Regioni e gli Enti Locali che si oppongono ai piani del governo sulle perforazioni in Alto Adriatico - onestamente non so per convinzione ponderata o per mero calcolo elettorale e di ossequio agli umori della piazza) dovrebbero chiedere di poter avere dal governo valutazioni chiare sui rischi e sui costi/benefici, alla UE di predisporre tavolo tecnico sul tema, ma dovrebbero anche porsi il problema, qualora fosse consentito sfruttare tali riserve, conviene che a farlo sia chi può garantire standard di controllo ed efficienza elevati o no?
A tal proposito segnalo due siti di due commissioni europee:
RispondiEliminahttp://ec.europa.eu/dgs/maritimeaffairs_fisheries/index_it.htm
e soprattutto
http://ec.europa.eu/maritimeaffairs/index_it.htm
Forse ancora tanti documenti e poche attuazioni?