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sabato 30 gennaio 2016

#AppuntisemiseridiPaleontologia 4: Orthoceras, cefalopodi e e paleocorrenti

Nei mari del passato i brutti incontri erano all'ordine del giornio. Andiamo a conoscere alcune delle brutte compagnie che giravano per i mari del Paleozoico, siamo precisamente nell’Ordoviciano (500-435 mln di anni fa), l’atmosfera fuori dall’acqua sta diventando via via più respirabile, grazie all’ossigeno liberato in aria dalle alghe fotosintetiche e successivamente alla vegetazione terrestre, le terre emerse sono meno inospitali, ma ciononostante la vita si svolge ancora per lo più nei mari. È ormai iniziata la corsa evolutiva agli armamenti, con la comparsa di prede e predatori sempre più elaborati.  Nell’Ordoviciano c’è un gruppo in particolare a farla da padrone, sono gli Ortoconidi o Orthoceras, cefalopodi (lo stesso gruppo di seppie e polpi) muniti di conchiglia (cugini degli attuali nautiloidi, quei cefalopodi con guscio  a “chiocciola” che ogni tanto fanno capolino in qualche documentario), che sono stati un gruppo assai importante nell’Ordoviciano e nel Siluriano (anch’essi buoni fossili guida) e poi hanno conosciuto un lento declino, sino a estinguersi nel Triassico, poiché soppiantati da altri gruppi animali. Gli ortoconidi raggiungono dimensioni notevoli (dell’ordine dei metri) ed erano sicuramente un brutto incontro da fare… specie se eravate un trilobite… i cefalopodi in generale sono molluschi assi complessi, con un sistema nervoso molto sviluppato, e occhi molto elaborati, segno che la vista era un organo importante e che i mari ormai si erano popolati di colore. Le conchiglie degli ortoceratidi erano fatte di calcite (CaCO3), con la tipica forma ortoconica, ossia a cono gelato, al cui interno vi erano vari setti che dividevano le camere che ospitavano il corpo del cefalopode, camere che s’ingrandivano al crescere dell’organismo. Un camera era separata dalle altre dalle linee di sutura, tipiche per ogni specie. Gli ortoceratidi erano carnivori predatori. Negli studi tafonomici (ossia lo studio dei processi che vanno dalla morte dell’organismo alla sua fossilizzazione, ossia dal trasferimento di materia dalla biosfera alla litosfera) i gusci di ortoceratidi possono fornire indicazioni piuttosto interessanti, infatti, se non si frantumano essi tendono a orientarsi secondo la corrente dominante (una volta decompostesi le parti molli), se ve n’è una,  permettendo così ai paleontologi di poter ricostruire le paleocorrenti, ossia le correnti dominanti nei mari in cui quegli organismi vivevano, consentendo così importanti ricostruzioni paleoambientali.
Nella foto (fonte internet) potete appunto vedere gusci di ortoceratidi isoorientati.

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