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martedì 10 giugno 2014

com' é triste Venezia...

Una nota canzone recitava: "com'è triste Venezia, quando non si ama più..." ma Venezia è difficile non amarla, per la sua storia, per la sua peculiarità, per la sua architettura, per il suo affacciarsi sulla Laguna. La laguna ambiente suggestivo anche geologicamente. Suggestivo perché effimero. Una laguna si regge su un equilibrio dinamico di diversi fattori: apporto sedimentario da terra, variazioni del livello del mare, correnti marine, cui magari si aggiungono fenomeni di tettonica locale e di variazione climatica locale. Insomma un connubio di interazioni di fenomeni locali e globali. Finché nessuno prevale la laguna regge, e come tutti gli ambienti d'intersenzione tra ambienti diversi, il risultato è strepitoso. Ci sono ecosistemi che possono esistere solo in una laguna, specie tipiche, forme sedimentarie indicative, processi unici. Ma basta un nulla per generare capovolgimenti devastanti, con la scomparsa di interi gruppi biologici e di interi sistemi morfologici. Se l'apporto sedimentario diventa troppo esuberante, e magari c'è pure un processo di caduta eustatica, la laguna prima s'impaluda, poi s'interra del tutto, se invece l'eustatismo sale e le correnti erosive marine prevalgono, la laguna si pelagizza, divenendo mare. Il record stratigrafico di una laguna, e quella di Venezia non fa eccezzione, è la storia di questa lotta, con l'alternarsi di corpi sedimentari più o meno continentali e più o meno marini a seconda delle fasi evolutive del sistema. Aggiungiamoci poi una nuova forza della natura, noi, con le nostre attività e la nostra presenza. In epoca storica siamo stati uno dei più potenti elementi di trasformazione della Laguna, deviando corsi d'acqua, alterando il ciclo dei sedimenti, interfernendo con la circolazione delle acque, interrando qui, scavando la. Insediando cicli industriali vari, avviando attività dalla pescicultura alla crocieristica. Ecco, perché, la pretesa di salvaguardare la Laguna di Venezia, intendendo il suo "congelarla" all'oggi, è una pretesa velleitara. Come voler vuotare il mare con un cucchiaio da the.
Dal mio ufficio di Fusina, vedo allineate, ormai da settimane, le paratoie del Mose, pronte ad essere incernierate ai cassoni che, dopo anni, poco alla volta si sta procedendo a posizionare alle bocche di porto. Non riepilogo la lunga storia dell'opera e il dibattito infinito sulla stessa, non mi riconosco competenze sufficienti, diversamente dal 95 % di quelli che popolano il web, per dire se l'opera serva o meno, ma alla luce dei tristi eventi recenti, su cui non sto troppo a sottolizzare, qualche domanda devo pormela. Oggi, quelli che del Mose furono oppositori, o almeno taluni, chiedono che l'opera sia fermata, demolita addirittura, essendo nata solo come pozzo mangiasoldi e non barriera antiacqua. Il Consorzio e molti - come scrive Poletti sulla Stampa del 9 giugno, asseriscono che ormai si sia al punto di non ritorno, l'opera deve essere conclusa, poiché il non farlo, arrivati a questo punto, sarebbe ancora più deleterio, non solo per l'erario pubblico, ma anche per la fragile Laguna. Ovvio, che alla luce dei fatti recenti, agli occhi dell'opinione pubblica e per gli smarriti membri istituzionali ancora in piedi, sia difficile capire dove stia la realtà e sopratutto è chiaro che chiunque si schieri per l'opera, anche per mero pragmatico realismo, viene immediatamente visto come complice di malaffare. Servirebbe una rapida parola di Verità o quanto meno di Credibile Verosimilità, che nessuno è in grado di dare. Forse, potremmo chiedere aiuto all'UE, la nomina di una commissione di tecnici a livello europeo, non legati in alcuno modo ne agli scandali recenti, ne alle polemiche passate, ma sopratutto ai potentati politici ed economici locali o alle baronie accademiche nostrane, che visionasse i cantieri, la montagna di dati e studi fatti, in un tempo certo (ci sono popoli che diversamente dagli Italiani, sanno rispettare le scadende), potrebbe almeno dirci: a) se l'opera avrà una qualche effettiva utilità, a che punto stiamo, se vale la pena finirla, se siano possibili integrazioni e sopratutto quanto manca. Forse varrebbe la pena,  almeno per fornire una buona volta un quadro che non sia offuscato da un sospetto, mai così legittimo.

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