Rendering del progetto Vallone Moranzani |
Il progetto del Vallone Moranzani viene da lontano. Ed ha avuto un lungo iter progettuale-tecnico burocratico e sopratutto partecipativo, è forse uno dei rari, se non l'unico, esempio vero di applicazione di Agenda 21 in Italia, ossia un costante coinvolgimento pubblico della cittadinanza coinvolta su una grande opera, su cui poi questa, ormai anni orsono, si è espressa, e favorevolmente pure, della serie, se alla gente spieghi bene le cose, magari non sono proprio tutti dei Nimby del menga.
Il progetto consiste nello stoccaggio di fanghi di dragaggio dei canali lagunari portuali, post trattamento, nella zona dei Moranzani a ridosso tra l'area industriale di Porto Marghera a Venezia e l'abitato di Fusina-Malcontenta, creando una sorta di dosso, lungo oltre 4km e alto al colmo 9m, in copertura di un sistema di elettrodotti, attualmente arei, che si dipartono dalla centrale Palladio di Fusina. Il progetto è nato da un connubio necessità di vari soggetti:
- il bisogno dell'Autorità Portuale di garantire la navigabilità per le navi di elevato pescaggio, dei canali portuali.
- la necessità di ridurre i costi di gestione di tali fanghi.
- lo svecchiamento/potenziamento degli elettrodotti Veneti da parte di Terna, l'ente gestore delle linee elettriche.
- la necessità di potenziare le infrastrutture della vecchia zona industriale di Porto Marghera per un suo rilancio.
- la pressante richiesta degli abitanti di Malcontenta di una riqualificazione urbana.
Da tutto ciò nasce un accordo di programma ambizioso. Che vede tra gli altri lo spostamento di un comparto di produzione di oli minerali e carburanti, oggi a ridosso dell'abitato di Malcontenta, entro la zona industriale, alla fine l'intero Vallone dovrebbe essere una sorta di "cortina verde", tra la zona urbana e quella industriale.
I costi sono per lo più a carico dell'Autorità Portuale (APV), e sono costi non da poco, ma comunque minori di quelli che si dovrebbe sostenere se si gestisse i fanghi di escavo come fatto fino al recente passato, ossia, spediti in Germani a peso d'oro.
fotopiano del Vallone |
I fanghi scavati verrebbero inertizzati e essiccati in situ e poi usati per "sarcofagare" gli elettrodotti che da aerei passerebbero a interrati, completata l'opera, il dosso così creato verrebbe ricoperto di terreno vegetale. Certo, di fatto, volgarmente è una discarica per fanghi, ma di concezione nuova, e sopratutto questo intervento coniuga esigenze economiche e riqualificazione ambientale e urbana.
Tutto bene? Insomma. Questo accordo è frutto di molti equilibri e elementi. In particolare, l'interramento degli elettrodotti di Terna, s'inserisce in un più ampio intervento sulla rete elettrica veneta, che vede anche la sostituzione di altri elettrodotti aerei e la loro sostituzione/implementazione, in particolare anche nella Zona della Bassa Riviera del Brenta tra Dolo e Camin di Sala. Qui sono sorti comitati spontanei chiedendo anche qui l'interramento per ragioni paesaggistiche (concordo che gli elettrodotti possano essere antiestetici) e ambientali (riduzione dell'inquinamento elettromagnetico). Ma Terna si è opposta, per ragioni economiche e ambientali. Economiche perché l'interramento (che costa di più) nella zona del Vallone è a carico di APV, mentre qui lo dovrebbe pagare Terna. Ambientali perché l'interramento non preverrebbe l'inquinamento elettromagnetico, rende più ostica la manutenzione e interferisce con l'idrologia ipogea. Chiedo scusa della sintesi estrema delle posizioni, ma sto sbrodolando sul tema più di quanto vorrei. Non entro nel merito delle due posizioni, anche se - lo confesso - ho l'idea che ci sia chi è pro interramento più per il fatto che se occhio non vede cuore non duole e qualche altra meno nobile ragione di tipo fondiario, ma sottolineo che ciò ha portato ad una battaglia legale che ha visto alla fine la legge intimare a Terna la revisione della parte extra Vallone, con conseguente interramento. Da parte sua Terna è decisa a ripartire da zero, ossia ricominciare tutto l'iter autorizzativo, quindi non scorporare la parte Moranzani del suo intervento dal resto, con conseguente rinvio alle calende greche di tutto il processo. Parteggiando solo per il territorio, quello che posso constatare è che un intervento, che consentiva di evitare movimentazione rifiuti, anche pericolosi, impiegare risorse nel territorio, riqualificare un'area in maniera concreta, risolvere alcuni nodi critici di convivenza tra elementi antropici e naturalistici, è seriamente in predicato di sfumare per la miopia complessiva di un sistema di governo del territorio e dei suoi processi. Con il serio rischio di aggravare ulteriormente la già delicata situazione dell'ambiente lagunare. In questo momento, inoltre, non vedo soggetti in grado di dirimere la questione.
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