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domenica 28 febbraio 2016

#AppuntisemiseridiPaleontologia 6: Elegantemente crinoidi

Presentiamo i Crinoidi, gruppo di organismi marini, tuttora esistente, che vede la luce nell’Ordoviciano (i milioni di anni non ve le dico più, andate a vedervi la tavola del tempo geologico, presentata illo tempore). Intanto, i Crinoidi nella classificazione tassonomica fanno parte del gruppo di invertebrati del tipo Echinodermata, sono primi cugini dei ricci di mare, sottotipo Pelmatozoa che raggruppa le forme prevalentemente fisse (ciò non mobili), la Classe Crinoidea, si divide in 4 sottoclassi, Camerata, Inadunata, Flexbilia eArticulata, le prime tre compaiono nell’Ordoviciano, hanno un’amplissima diffusione, ma ad inizio Mesozoico, nel Triassico, spariscono bruscamente, vittime di una delle grandi estinzioni di massa della storia terrestre, quella avvenuta a fine Permiano appunto, che segna anche la fine del Paleozoico, in questa estinzione ci lasciano le penne soprattutto le forme fisse, quelle peduncolate. Gli Articulata compaiono proprio in questo momento, si diffondono nel Mesozoico e sono tuttora presenti, dal mesozoico in poi le forme libere, cioè non fissate al substrato con peduncolo, divengono prevalenti. Ma vediamo di capire cosa sono questi Crinoidi (nella foto Arthroacantha carpenteri, Devoniano,  fonte Paleoportal). Sono organismi marini, dotati di un stelo, che può avere un sezione da circolare a stellata, un apparato radicale per fissarsi al substrato (nelle forme fisse, non c’è nelle forme mobili, non vincolate al fondo), che può essere fatto come delle radici vere o proprie, o come un’ancora o un chiodo, vi è poi sopra questo la corona, dove troviamo la teca, che ospita, di fatto, buona parte del “corpo” dell’organismo, ossia l’apparato boccale e anale (talora i due orifizi sono pericolosamente vicini) e le braccia che spesso hanno numerose diramazioni, alla base di queste c’è il tegmen, ossia l’area ventrale dell’organismo dove, appunto, risiedono la bocca e l’ano. Va detto che i crinoidi sono completamente ricoperti da piastrine calcare, la cui disposizione (forma, mosaico, numero di giri) è assai importante nell’identificazione specifica. Ornamentazioni particolari, possono essere spine sullo stello, o i cirri, diramazioni dello stello piumiformi o le pinnule, diramazioni piumiformi delle braccia. Questi organismi sono sessili e si nutrono del materiale organico in sospensione nelle acque. Sono piuttosto delicati nella scelta delle temperature e della salinità, per cui sono anche buoni indicatori nelle ricostruzioni paleoambientali, hanno colonizzato habitat sino a 6mila mt di profondità. Non vi tedierò, non sono così sadico, sulla classificazione stretta, basata sui giri di placchette calcaree della teca, cosa che all’università mi appassionava, però, val la pena dire che le placche costituenti l’esoscheletro di questi organismi, a testimonianza dell’abbondanza che questi dovevano avere, sono elementi assai abbondanti in vari membri (è un termine tecnico non fate doppi sensi infantili) rocciosi di formazioni carbonatiche, tanto che alcune vengono appunto definite Encriniti, per la massiccia presenza di resti di crinoidi. Mi par di ricordare tra le tante l’encrinite di Fanes. Alla prossima.

domenica 14 febbraio 2016

#AppuntisemiseridiPaleontologia 5: Aptici e rimembranze

Durante alcuni bagordi nel mesozioco feltrino, nelle fumose notti di sbornia mi è venuta l'ispirazione per il nuovo ospite fossile. Su sulle Vette Feltrine al rifugio Dal Piaz, ho potuto rivedere dei vecchi amici, la collezione mineralogica-petrografica-paleontologica dei campioni raccolti in quelle zone dal mitico professor Braga. Tra questi c’era un bel camione di calcari ad Aptici. E cosa sono gli Aptici (nella foto sotto – fonte internet)?  Ottima domanda. Anche se ancor oggi una risposta univoca ancora non c’è. Ma andiamo con ordine. Gli Aptici sono placche calcare o cornee, convesse, di forma subtriangolare, talora si rinvengono singole, talora doppie con saldatura centra, spesso sono stati ritrovati associati a gusci di ammoniti (cefalopodi con guscio spiralato, du you remember?), ma il più delle volte si ritrovano da soli nel sedimento. Costituiti di materiale calcitico, organizzato in una struttura piuttosto complessa, si classificano a seconda delle ornamentazioni e della forma, oltre che a seconda se trovati singoli (se ovale o subtriangolare) – Anaptychus,  doppi, ma simmetricamente associati Aptychus, doppi e saldati –Synaptychus.  A cosa servivano gli Aptici… ecco il problema non è chiara la loro funzione, poiché le volte in cui si sono trovati gusci di ammoniti associati a questi (solitamente si trovano nella camera finale, dove spuntava l’animale) hanno dato luogo a interpretazioni contrastanti. Sostanzialmente 2 sono oggi sul campo: la prima li vuole degli “opercoli”, ossia porte di chiusura del guscio, ovverosia le ammoniti potevano ritrarsi nel guscio e letteralmente “chiudere la porta in faccia” a eventuali predatori, insomma una specie di boccaporto, oppure servivano a masticare, tipo il becco degli odierni polpi e seppie. Ammetto che propendo per la seconda ipotesi, ovverosia che fossero la “dentiera” delle ammoniti. I campioni che ho visto su al rifugio Dal Piaz (1999m s.l.m.m.), provengono dalla formazione di Fonzaso, formazione rocciosa che prende il nome dall’amena località bellunese, databile al Giurassico superiore, circa 150mln anni fa, che sulle Vette Feltrine arriva ad avere uno spessore di 100m, si trova tra la formazione del Rosso Ammonitico Inferiore e il Rosso Ammonitico Superiore (quest’ultima è quel “marmo” rosso a noduli, assai tipico in molti pavimenti o pianali), è una formazione prevalentemente calcarea (roccia di Ca CO3) color grigio, con vario contenuto fossilifero (fossili marini, soprattutto invertebrati) e sono presenti spesso, soprattutto nella parte bassa della formazione, liste di selce (la pietra dei primitivi..) marrone, mentre nella parte superiore vi sono elementi più marnosi, tra cui appunto gli “”Scisti ad Aptici” livelli laminati ricchi dei fossili testé descritti.  Alla prossima.