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martedì 15 luglio 2014

o Magistrato, mio Magistrato!

Tra i tanti effetti collaterali dello scandalo MOSE, di cui abbiamo già parlato, tra cui quello imperdonabile di aver minato la credibilità di decenni di studi tecnici e scientifici sul sistema lagunare, c'è anche la dipartita del MAGISTRATO alle ACQUE di VENEZIA, ente che sopraintendeva a molte attività per la tutela e salvaguardia della Laguna di Venezia. Il MAVE, organo del ministero delle infrastrutture e lavori pubblici, erede dello storico Ufficio della Serenissima, è stato cancellato  la Legge 90 del 24 giugno, a seguito della pesante compromissione dell'Istituzione nell'affaire Mose. Alla italica via come sempre, si diventa più realisti del re e si fa tabula rasa. Come sempre all'italiana, ossia, chi si occupa adesso delle autorizzazioni allo scarico in Laguna o più banalmente, di cambiare una briccola? Non mi metto a dire che il MAVE andava tutelato in base al blasone di tale Ufficio (sapete che non sono un romantico...), ma per la funzione necessaria che può svolgere. Non condivido la proposta fatta dal Comune di Venezia, circa l'incorporazione in esso del MAVE, poiché penso che il Magistrato debba svolgere una funzione più ampia sull'intera Laguna e bacino scolante, permettendo di superare le mille frammentazioni di competenze che impediscono una salvaguardia organica, ampia e ragionata dell'ambito lagunare. Mi pare più seria e sviluppabile quella avanzata dal M5S di passare il MAVE sotto il Ministero dell'Ambiente (... e se lo dico io che certo fan dei grillini non sono...). Il "nuovo magistrato" dovrebbe avere competenza su tutta la Laguna, questo sì come ai tempi della Serenissima, sia in termini di autorizzazione allo scarico che di interventi infrastrutturali e ambientali, dovrebbe essere organo terzo nella commissione di studi di fattibilità e approfondimenti scientifici, in modo da garantirne la trasparenza e credibilità, dovrebbe essere monocratico (così è più chiara la responsabilità degli atti), durata quinquennale rinnovabile, con forte capacità operativa, anche in termini di controllo, e avere due organi di tipo consultivo, una sorta di "comizi " uno tecnico-scientifico, composto da esperti qualificati in idraulica, biologia, geologia, ecologia, ingegneria, scelta dal magistrato, tramite selezione o cooptazione, che coadiuvi il magistrato nelle scelte e una consulta ove siedano rappresentanti dei comuni che si affacciano in laguna, delle Regioni coinvolte, dei consorzi di bonifica, della Autorità Portuali e del genio civile, che serva al magistrato per poter dare organicità alle attività di Salvaguardia della Laguna, cercando di  preservare e ripristinare da un lato le dinamiche ambientali, dall'altra permettere una gestione sostenibile delle attività antropiche insediate e insediabili nella laguna di Venezia e aree contermini.
E' spinosa la tematica della nomina. Ovverosia, io credo si possa ragionare su tre vie:
- nomina del Ministero Competente, teoricamente il Ministro dovrebbe decidere in base alle competenze e nominare persona qualificata, ma di fiducia, c'è il rischio che alla fine la fedeltà politica prevalga sulla competenza, come criterio di scelta.
- la consulta degli enti istituzionali, in quando fatta di membri di diritto elegge il Magistrato, anche qui il rischio è che si risenta troppo di criteri più legati agli equilibri politici che altro.
- elezione da parte dei cittadini dei territori in affaccio Lagunare. Elezione con candidatura singola, senza legami con elezioni politiche. Diciamo tipo elezione dei Procuratori Distrettuali americani. E' forse la modalità che mi affascina di più, ma anche qui diventa imprescindibile un legame coi partiti. E ci sono molti aspetti potenzialmente controproducenti. Però, indubbiamente portare al voto i cittadini sull'ente che dovrebbe salvaguardare la Laguna, sarebbe qualcosa di estremamente innovativo, anche in termini di responsabilizzazione delle comunità.
Sono tutte linee che si potrebbero sviluppare. Purché il Magistrato alle acque resti. E resti per davvero.

martedì 8 luglio 2014

il (fu) Vallone Moranzani

Rendering del progetto Vallone Moranzani
Il progetto del Vallone Moranzani viene da lontano. Ed ha avuto un lungo iter progettuale-tecnico burocratico e sopratutto partecipativo, è forse uno dei rari, se non l'unico, esempio vero di applicazione di Agenda 21 in Italia, ossia un costante coinvolgimento pubblico della cittadinanza coinvolta su una grande opera, su cui poi questa, ormai anni orsono, si è espressa, e favorevolmente pure, della serie, se alla gente spieghi bene le cose, magari non sono proprio tutti dei Nimby del menga.
Il progetto consiste nello stoccaggio di fanghi di dragaggio dei canali lagunari portuali, post trattamento, nella zona dei Moranzani a ridosso tra l'area industriale di Porto Marghera a Venezia e l'abitato di Fusina-Malcontenta, creando una sorta di dosso, lungo oltre 4km e alto al colmo 9m, in copertura di un sistema di elettrodotti, attualmente arei, che si dipartono dalla centrale Palladio di Fusina. Il progetto è nato da un connubio necessità di vari soggetti:
- il bisogno dell'Autorità Portuale di garantire la navigabilità per le navi di elevato pescaggio, dei canali portuali.
- la necessità di ridurre i costi di gestione di tali fanghi.
- lo svecchiamento/potenziamento degli elettrodotti Veneti da parte di Terna, l'ente gestore delle linee elettriche.
- la necessità di potenziare le infrastrutture della vecchia zona industriale di Porto Marghera per un suo rilancio.
- la pressante richiesta degli abitanti di Malcontenta di una riqualificazione urbana.

Da tutto ciò nasce un accordo di programma ambizioso. Che vede tra gli altri lo spostamento di un comparto di produzione di oli minerali e carburanti, oggi a ridosso dell'abitato di Malcontenta, entro la zona industriale, alla fine l'intero Vallone dovrebbe essere una sorta di "cortina verde", tra la zona urbana e quella industriale.
I costi sono per lo più a carico dell'Autorità Portuale (APV), e sono costi non da poco, ma comunque minori di quelli che si dovrebbe sostenere se si gestisse i fanghi di escavo come fatto fino al recente passato, ossia, spediti in Germani a peso d'oro.
fotopiano del Vallone
I fanghi scavati verrebbero inertizzati e essiccati in situ e poi usati per "sarcofagare" gli elettrodotti che da aerei passerebbero a interrati,  completata l'opera, il dosso così creato verrebbe ricoperto di terreno vegetale. Certo, di fatto, volgarmente è una discarica per fanghi, ma di concezione nuova, e sopratutto questo intervento coniuga esigenze economiche e riqualificazione ambientale e urbana.
Tutto bene? Insomma. Questo accordo è frutto di molti equilibri e elementi. In particolare, l'interramento degli elettrodotti di Terna, s'inserisce in un più ampio intervento sulla rete elettrica veneta, che vede anche la sostituzione di altri elettrodotti aerei e la loro sostituzione/implementazione, in particolare anche nella Zona della Bassa Riviera del Brenta tra Dolo e Camin di Sala. Qui sono sorti comitati spontanei chiedendo anche qui l'interramento per ragioni paesaggistiche (concordo che gli elettrodotti possano essere antiestetici) e ambientali (riduzione dell'inquinamento elettromagnetico). Ma Terna si è opposta, per ragioni economiche e ambientali. Economiche perché l'interramento (che costa di più) nella zona del Vallone è a carico di APV, mentre qui lo dovrebbe pagare Terna.  Ambientali perché l'interramento non preverrebbe l'inquinamento elettromagnetico, rende più ostica la manutenzione e interferisce con l'idrologia ipogea. Chiedo scusa della sintesi estrema delle posizioni, ma sto sbrodolando sul tema più di quanto vorrei. Non entro nel merito delle due posizioni, anche se - lo confesso - ho l'idea che ci sia chi è pro interramento più per il fatto che se occhio non vede cuore non duole e qualche altra meno nobile ragione di tipo fondiario, ma sottolineo che ciò ha portato ad una battaglia legale che ha visto alla fine la legge intimare a Terna la revisione della parte extra Vallone, con conseguente interramento. Da parte sua Terna è decisa a ripartire da zero, ossia ricominciare tutto l'iter autorizzativo, quindi non scorporare la parte Moranzani del suo intervento dal resto, con conseguente rinvio alle calende greche di tutto il processo. Parteggiando solo per il territorio, quello che posso constatare è che un intervento, che consentiva di evitare movimentazione rifiuti, anche pericolosi, impiegare risorse nel territorio, riqualificare un'area in maniera concreta, risolvere alcuni nodi critici di convivenza tra elementi antropici e naturalistici, è seriamente in predicato di sfumare per la miopia complessiva di un sistema di governo del territorio e dei suoi processi. Con il serio rischio di aggravare ulteriormente la già delicata situazione dell'ambiente lagunare. In questo momento, inoltre, non vedo soggetti in grado di dirimere la questione.