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sabato 8 febbraio 2014

tra scalpore e utilità

Segnaliamo questi articoli interessanti apparsi durante la settimana, in cui si evidenzia ancora una volta la necessità d'interventi e risorse per sicurezza idraulica, interessante è l'intervento del Prof. Rusconi (che sebbene tra le righe suggerisce la realizzazione dell'idrovia) segnala l'arretratezza delle opere di difesa idraulica e la tendenza a preferire costosi interventi "spettacolari" piuttosto che meno mediatici, ma più concreti interventi di ripristino per lo spazio delle acque. Da segnalare e lo pubblicheremo appena possibile, l'intervento dell'ing. Bixio, già docente d'idraulica e esperto di bonifiche idrauliche, circa l'eliminazione degli spazi di esondazione per urbanizzazione e agricoltura intensiva, inizialmente previsti nelle opere di bonifica idraulica (ma guarda un po'...), quale elemento fortemente responsabile dell'attuale stato di dissesto idrologico.

Venerdì 7 Febbraio 2014
La Nuova Venezia
«Garantire la tenuta degli argini»
Il direttore del Consorzio Acque Risorgive: servono opere per 11,5 milioni

Filippo De Gaspari

MIRANO Passata l’onda di piena, non ancora la paura. Mentre torna a piovere, già si tracciano i primi bilanci al consorzio di bonifica Acque Risorgive. Ieri il direttore Carlo Bendoricchio ha fatto il punto della situazione sugli oltre 2 mila chilometri di rete idrografica in gestione, messa a dura prova dall’ultimo evento alluvionale. «Le eccezionali piogge dei giorni scorsi», spiega, «hanno sottoposto gli argini a uno stress notevole. Ma il monitoraggio continuo messo in campo dai nostri uomini ha permesso di intervenire garantendo la loro tenuta, come ad esempio è avvenuto lungo il Dese tra Scorzè e Martellago». Situazioni a rischio ce ne sono state, tutte scongiurate, a sentire Bendoricchio, grazie alle manovre idrauliche decise in base all’andamento dei livelli. Quello che ora ci si chiede, tra Miranese e Riviera, è se sia davvero finita. Il meteo per oggi e domani non promette nulla di buono: tornerà a piovere, anche se meno intensamente dei giorni scorsi, ma per ora Bendoricchio esclude rischi di cedimento degli argini, a meno di eventi al momento imprevedibili. «Certo per poter escludere in futuro eventi alluvionali», aggiunge il direttore, «oltre al monitoraggio, servono finanziamenti per realizzare interventi strutturali di adeguamento della rete idrografica». E qui sono note dolenti. Bravi i tecnici, riuscite tutte le manovre idrauliche. Ma le opere antiallagamento? Tante, forse ancora troppe quelle già finanziate ma ancora in corso o in fase di progettazione. La Riviera attende ancora il ripristino dello scolo Brentelle a Mira per un importo di 900 mila euro, il collegamento Soresina-Bastie con nuova botte a sifone sotto l’idrovia a Mira, per 4 milioni 250 mila euro. Il Miranese non se la passa meglio: non è finita la sistemazione del Lusore a monte del taglio di Mirano, tra Mirano e Santa Maria di Sala, per oltre 2 milioni di euro. E ancora la ristrutturazione della rete dei collettori Marignana, il deviatore Piovega di Peseggia, il bacino Pisani, Marocchesa e Tarù che interessa vari comuni, tra cui Scorzè, per oltre 6 milioni di euro, il potenziamento dell’impianto idrovoro di Lova e della botte a sifone sotto il canale Taglio Novissimo a Campagna Lupia per 3 milioni di euro e altri interventi di importo minore, ma non per questo meno importanti. Poi tutta la rete idraulica minore, fondamentale: a realizzare solo le opere previste dai singoli piani comunali delle acque servono circa 11 milioni e mezzo di euro, ed è solo un prima stima. Bendoricchio è chiaro: c’è una parte che afferisce al consorzio e riguarda la gestione delle acque, un’altra che invece concerne l’adeguamento strutturale delle opere di bonifica. E per quelle servono i soldi e una certa fretta di procedere. «Abbiamo chiare le problematiche e come intervenire», precisa meglio, «servono i finanziamenti, consapevoli che le opere rappresentano un investimento di prevenzione, molto minore rispetto a quello necessario per ripristinare i danni».

 
«Difese idrauliche del secolo scorso»
L'ingegner Rusconi, esperto di fiumi: ultimi interventi durante il fascismo, acque dolci e torbide avvistate in Canal Grande

di Alberto Vitucci

«La neve che ha lasciato al buioCortina e la montagna veneta ci ha salvato ». L'ingegnere Antonio Rusconi, esperto di fiumi, già presidente dell'Idrografico e dell'Autorità di bacino del Veneto, fa gli scongiuri.
«Gli allagamenti di questi giorni», dice, hanno interessato i fiumi pedemontani, come Livenza, Bacchiglione e Lemene, o quelli di risorigiva come Sile, Dese e Zero . I grandi fiumi alpini come Piave, Brenta e Tagliamento non hanno dato problemi. Ma se dovesse arrivare lo scirocco o la pioggia anche ad alte quote la situazione potrebbe diventare drammatica». Allarme meteo e fiumi che esondano, mezzo Nord allagato. E le acque di piena dei fiumi che adesso arrivano copiose in laguna nord, insieme alle acque non proprio cristalline pompate dalle idrovore, cariche di inquinanti. Acque dolci e sedimenti arrivati fino in pieno Canal Grande. Ieri mattina i canali interni della città avevano un particolare colore verde chiaro, con sedimenti copiosi. «Un fenomeno che succede nel caso di piena», spiega Rusconi, «ma che in questi giorni è particolarmente intenso». In laguna nord dunque si rischia l'interrimento, con i sedimenti e l'acqua dolce, mentre in laguna sud la situazione è opposta: per lo scavo dei canali, il moto ondoso e le navi, le barene vanno scomparendo, l'erosione aumenta e la laguna si sta trasformando in un braccio di mare. Ecco perché, dice Rusconi, «sarebbe salutare qui far defluire una parte delle acque di piena di Brenta e Bacchiglione. Darebbe sollievo al territorio e ricostituirebbe in parte la morfologia originaria». Intanto il Veneto Orientale è completamente sott'acqua. Colpa della natura o anche dell'uomo? «I fenomeni atmosferici sono sempre più intensi e violenti per i cambiamenti climatici», spiega l'ingegnere, «ma a questo dobbiamo aggiungere la trasformazione del territorio che trasforma la pioggia in acque superficiali. La cementificazione del territorio produce questo, e a parità di piogge le acque superficiali sono di più. Anche le piogge aumentano. E se questo è colpa del clima, la trasformazione del territorio è opera dell'uomo». Situazione di maltempo eccezionale che ha portato acqua ovunque. Si poteva fare qualcosa? «Difficile dirlo, in queste situazioni estreme probabilmente gli allagamenti ci sarebbero stati lo stesso. Ma la rete di difesa idraulica è quella del secolo scorso. Gli ultimi interventi sono stati fatti durante il fascismo, e comunque prevedevano difese per un territorio agricolo. Nel frattempo i campi sono diventati un'area metropolitana, capannoni, villette e cemento. E il sistema non regge più. Una rete più moderna aiuterebbe almeno a ridurre l'emergenza e a garantire un po' di sicurezza in più». Ma i grandi interventi di manutenzione non sono popolari, si preferiscono dighe e grandi opere. E molti piani varati dalle Autorità di Bacino restano su carta, la difesa idraulica è ferma ai primi del Novecento. E intanto continua a piovere.

 

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