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Il Messaggero 5 agosto 2014
Dissesto
idrogeologico, un piano decennale da oltre due miliardi
LA TRAGEDIA
ROMA «Mica partiamo da zero. Abbiamo
studi, statistiche, progetti accumulati negli anni. Bisogna solo rimettere
tutto in moto». Sta tornando da Treviso, il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti,
dove sabato notte, a Refrontolo, quattro persone sono morte investite da una colonna
d'acqua alta tre metri. E’ stata aperta un'inchiesta e il giorno dopo è stato
il giorno delle polemiche. Il dramma si poteva evitare? Il ministro ha davanti
a sé un «Paese morfologicamente malato» e una strada la deve trovare. «Stiamo
lavorando a un piano decennale per combattere il dissesto idrogeologico.
Abbiamo due miliardi e trecento milioni di fondi europei da sfruttare, e il fatto
che il quaranta per cento di questi soldi sia bloccato dal patto di stabilità,
beh, questo non ci può fermare». Solo una settimana fa Galletti era sul molo di
Genova Voltri, ad aspettare il relitto della Concordia, che per fortuna non ha
sversato in mare neanche una goccia. Ieri invece a Refrontolo, davanti a quella
tragedia. e una sua lezione l'ha dovuta ricavare: «Sono problemi che si
risolvono se tutti gli enti locali fanno la loro parte e se i cittadini si
assumono gli impegni fino in fondo, anche del mantenimento del proprio giardino».
LE
RISORSE
Ma intanto bisogna ripartire,
soprattutto «utilizzare le risorse che già ci sono». Si scopre, così, che a
metà giugno il Governo si era già mosso, approvando il decreto 91, che crea due
distinte cabine di regia, per due vere emergenze di queste paese: l'edilizia scolastica
e il dissesto idrogeologico appunto. Con due effetti immediati: da un lato il
riconoscimento al più alto livello di due priorità per il Paese e dall'altra, finalmente,
un coordinamento plausibile tra ministeri per non disperdere tutti i fondi a
disposizione, per non lasciarli incagliare nelle trappole della burocrazia.
LE
AREE A RISCHIO
«Questo è quello che abbiamo già
fatto - riassume Galletti - il resto è tutto da fare. A cominciare - ha
spiegato - dalla sistemazione delle zone più a rischio. Noi stiamo facendo una
mappatura di tutte le aree italiane già conosciute. Dovremo cominciare da lì,
sistemando i territori e le zone fluviali più critiche per poter indirizzare gli
interventi più adeguati ». Questa cabina di regia di cui parla il ministro
dell'Ambiente, in verità, porta con sé anche l'attesa, necessaria
semplificazione delle procedure. Via i vari commissari, non bisognerà più chiede
mille permessi per avviare i lavori, tutto dipenderà soltanto dal placet del
presidente di Regione. L'ok definitivo, a quel punto, dipenderà solo dalle Soprintendenze,
e sarà un ok relativo perché dopo due mesi scatterà il silenzio-assenso. Anche
certi calcoli vanno fatti. «Per il futuro vogliamo lavorare in prevenzione -si
augura Galletti- e non in emergenza come ora. E sapete perché? Perché è stato
calcolato che lavorare in prevenzione costa otto volte di meno. E comunque nessun
rischio di sottovalutazione: il Governo conosce l'entità e la gravità del
problema».
I COMUNI
Ma c'è un altro discorso che sta
a cuore al ministro dell'Ambiente: «Mi lasci dire. Alla fin fine non è proprio
una questione di soldi o di procedure, ma di cultura, di azioni quotidiane di
responsabilità. Capisco il patto di stabilità, ma i comuni, nella capienza di quel
patto, ci mettano anche la tutela del territorio. E i privati , poi. Non voglio
parlare solo del singolo giardino, ma degli imprenditori, agricoli e industriali.
Si pongano il problema anche loro, investano nella tutela del territorio, perché
se quel territorio non c'é più non vanno avanti».
Nino Cirillo
©
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Ministro abbia pazienza, ma quello che dice l'abbiamo sentito tante, troppe volte, ci faccia vedere qualcosa stavolta, per favore.... (ndr)
Il
sole 24 ore 5 agosto 2014
Giorgio Santitti
Patto di stabilità Le Regioni diano priorità alla
difesa del suolo
I1 patto di stabilità interno ha certamente
frenato e frena gli investimenti delle Regioni e degli enti locali ed è, sul
piano quantitativo, una delle principali cause della drastica riduzione
(dell'ordine del30%) dei livelli di investimenti pubblici degli ultimi
5-6 anni. In questo senso, ha ragione chi dice - tra questi anche il presidente
del consiglio Matteo Renzi- che è un patto «sciocco». Altra cosa è però usare l'argomento del patto
di stabilità interno come alibi per qualunque scelta politica facciano Regioni
e comuni. Non bisogna confondere l'azione dell'automatismo sciocco del patto
con le responsabilità di una politica che non sa o non vuole decidere. Occorre
ricordare infatti che Regioni ed enti locali dispongono di «spazi di libertà»
dal patto che possono gestire con una certa dose di autonomia. Da qui nasce una
fotografia tutt'altro che omogenea sulla qualità di spesa e sui settori di
investimento che ogni Regione o ente locale privilegia quando si tratta di assegnare
questi «spazi di patto» (o addirittura di non assegnarli). Si può decidere (e
dire) che la spesa sanitaria o quella per il trasporto locale vadano considerate
prioritarie rispetto a quella contro le frane e le alluvioni o per la
manutenzione del territorio. Ogni territorio ha esigenze distinte ed è
legittima questa articolazione che implica le discrezionalità e le responsabilità
della politica. Dire che il patto di stabilità interno impedisce di investire in
difesa del suolo, invece, non è corretto e tanto meno lo è invocare il patto a
ogni disgrazia o alluvione. Ci sono alcune Regioni che Da tempo hanno deciso di
fare degli investimenti in dissesto idrogeologico una priorità e hanno
mantenuto livelli di spesa coerenti, costanti, sufficienti. L'Emilia-Romagna, la
Puglia, la Lombardia, la Toscana sono fra queste Regioni virtuose. Questo non significa-
sia chiaro - che in queste regioni non ci siano o non si rischino calamità naturali.
Il livello generale di manutenzione del territorio è oggi ancora troppo basso
in Italia e alcune regioni sono virtuose perché hanno saputo individuare in
questi investimenti una priorità, non perché non ci sia più altro da fare. Con
il decreto Ambiente-competività che dovrebbe avere il via libera definitivo in
settimana i presidenti di regioni diventano anche commissari politici e condivideranno
responsabilità politiche e tecniche con Palazzo Chigi che ha appena lanciato
l'unità dimissione «Italia sicura» guidata da Erasmo D'Angelis. Questo è il momento,
quindi, non solo per avviare centinaia di opere che erano rimaste bloccate dal
piano straordinario del2olo con lo sblocco delle vecchie risorse, il superamento
dei colli di bottiglia autorizzativi, l'individuazione di priorità aggiornate.
t il momento anche per un'assunzione di responsabilità generalizzata, sotto la
spinta nuova della regia di Palazzo Chigi e dei poteri straordinari messi in
capo ai governatori. Gli alibi, a questo punto, non servono più. Serve darci
sotto e rendere conto ai cittadini elettori per quel che si è fatto e quel che
si è deciso di non
fare.